Cammino Sinodale delle chiese in Italia

Cantiere FAMIGLIA

Cantiere della strada e del villaggio

LA FAMIGLIA

Il Cantiere “la Famiglia” si è riunito presso la chiesa “Santa Maria” di Loreto. Si sono formati cinque gruppi guidati, ognuno, da una coppia di moderatori. Dopo un rapido giro di presentazione e conoscenza, è iniziato il confronto sulle tematiche suggerite dallo strumento di lavoro per la fase sapienziale.

La risultanza dei lavori ha fatto emergere diverse fragilità e problematicità quali:

  • L’emergenza educativa, soprattutto sulla trasmissione della Fede in famiglia
  • La solitudine e la chiusura verso l’altro
  • La carenza di incontri sulla Pastorale Battesimale, Eucaristica e di Confermazione (prima e dopo il Sacramento)
  • La scarsa presenza delle giovani coppie nella comunità
  • La “frenesia del quotidiano” che affievolisce la componente Spirituale nelle coppie, facendole progressivamente inaridire e nei casi estremi facendole definitivamente naufragare
  • La mancanza di preghiera nella famiglia

 

Alla luce di queste criticita’, i partecipanti hanno convenuto che e’ opportuno focalizzarsi sulla necessità di aiutare le giovani coppie ad inserirsi nella Comunità.

Sostenere la loro vita quotidiana per i primi anni di matrimonio, che deve essere anche arricchita e rivitalizzata dalla preghiera.

Non trascurare i bisogni delle “persone sole e fragili”, favorendo l’incontro con Cristo e con il mondo delle famiglie.

I gruppi famiglia, in particolare devono “farsi collante” di accompagnamento, proponendo sane esperienze, con atteggiamento di compassione, tenerezza, vicinanza.

Nel modello educativo con i figli è sempre più opportuno prediligere l’insegnamento di come farsi le domande, piuttosto che offrire le risposte.

“Scommettere” sulla libertà dei nostri figli, offrendo loro la capacità di interrogarsi ed accettare le loro risposte, piuttosto che pretendere da loro comportamenti predeterminati.

La Pastorale Famigliare dovrebbe essere sensibile ad affrontare tutte le tematiche che nel “concreto” toccano la “carne delle famiglie” come ad esempio e sicuramente non esaustivo, la sessualita’, l’educazione dei figli ed il senso della Bellezza.

Favorire percorsi di accompagnamento per divorziati e coppie in crisi.

Si sente inoltre la necessità di arrivare alle famiglie che non frequentano la Chiesa, affiancando il Parroco nel compito di integrarle.

 

La fragilità dell’adulto non permette però di sostenere una buona comunicazione e si trova in difficoltà a dare linee chiare.

Noi Cristiani dobbiamo essere capaci di parlare alle persone, di aprire le nostre case all’incontro dell’ascolto della Parola e della preghiera, mediante la creazione di reti di famiglie.

Creare momenti comuni nelle attività messe in campo dalle varie parrocchie della Diocesi.

E’ importante avere soprattutto un atteggiamento di apertura, di accoglienza e di condivisione delle esperienze, creando il desiderio di stare insieme come gruppo di amici, anche con momenti di convivialità.

E’ necessario uscire dalla Chiesa, è necessario farsi missionari.

Alla luce del cambiamento della nostra società dovremmo accogliere le famiglie straniere, anche per fare esperienza di condivisione con altre religioni

(es. oratorio per i ragazzi).

Entrare nelle nostre Chiese per l’incontro con il Risorto, ed, uscire testimoniando la sua presenza. Abbiamo bisogno di far vedere che Gesù  e’ Vivo, attraverso occhi che sappiano leggere nelle righe di questo tempo.

Apriamo i nostri cuori, non chiudiamoci a riccio con le nostre amicizie e con le nostre certezze, forti della nostra fede in Cristo dobbiamo avere il coraggio di testimoniarla.

Pertanto e’ fondamentale cambiare la modalità d’incontro che deve essere sempre più inclusivo, sia per i piu’ lontani, che per coloro che sono sulla “soglia.”

Noi laici siamo chiamati ad essere formati per un servizio alla Chiesa, ma dobbiamo accettare la chiamata con responsabilità mettendoci in gioco, testimoniando la Parola e impegnandoci in questo servizio, rendendo manifesta la presenza del Signore attraverso l’amore della coppia.

Cantiere FORMAZIONE

CANTIERE DELLE DIACONIE E DELLA FORMAZIONE SPIRITUALE

LA FORMAZIONE E I MINISTERI ISTITUITI.

“E camminava con loro”

“Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”.“ Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: Alzati e và verso mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta”

Questi brani di Parola di Dio sono incentrati sull’evangelizzazione, il kerygma, il primo annuncio, Gesù ti ama! Tante volte non ci accorgiamo delle persone che vivono accanto a noi desiderose di ricevere questo annuncio. Per favorire l’incontro di Cristo con il mondo, si afferma, soprattutto per noi incaricati nei vari ministeri, l’importanza della formazione, che dovrebbe prevedere, ed in parte lo è già, anche corsi specifici inerenti aspetti legati all’ambito sociale, politico, educativo; la formazione teologica è fondamentale per interiorizzare la Parola, prendere coscienza che siamo persone amate e di conseguenza persone che possono gratuitamente amare. Rendere ragione della nostra fede approfondendo tematiche culturali. E’ necessario che le nostre comunità smettano di avere un atteggiamento moralistico, non sono importanti solamente i precetti da assolvere ma importante e al centro della nostra fede è l’annuncio che Cristo è morto ed è risorto per amore di ogni uomo. La formazione teologica è inoltre fondamentale perché si affronta un cammino in comunione con altri fratelli, che vivono simili problematiche quotidiane, ma nello stesso tempo ricercano attraverso lo studio della teologia una dimensione diversa da quella che la logica del mondo propone. I momenti di preghiera all’interno delle nostre comunità, la meditazione quotidiana della Parola, la lectio, devono essere momenti di condivisione aperti a tutti, non del singolo gruppo; le nostre comunità devono diventare meno “struttura” ma più “casa accogliente” capace di coinvolgere le persone più distanti, sofferenti di questo distacco. Nelle nostre comunità hanno sempre tanta risonanza positiva quegli incontri/eventi di sensibilizzazione o di testimonianza che permettono condivisioni e confronto di esperienze. Interessante la proposta lanciata di un “ministero dell’esperienza”, dove al centro ci sia lo scambio di confronti e di esperienze tra i vari gruppi che tante volte si “conoscono” ma non si “ascoltano”.

“ E partirono senza indugio”.

Per poter essere laici impegnati nel contesto culturale odierno è necessario calarsi nelle problematiche, negli ambienti in cui viviamo, nel difficile mondo del lavoro e nelle realtà che la nostra società oggi ci propone. Abbiamo il dovere di provare ad essere “ponti” che uniscono le persone di razza e di religione diversa dalla nostra, provare a sporcarci le mani, non per imporre loro la nostra religione o le nostre abitudini ma lasciare al Signore della nostra vita, lavorare il suo progetto. Dobbiamo provare ad essere “ modelli” dell’amore di Dio. Tante volte persone lontane da Cristo, nelle loro associazioni di volontariato, vivono il loro servizio con una dedizione ed un amore che dovrebbe farci tanto riflettere. Esempi di amore disinteressato. Unico interesse, il bene dell’altro. La povertà spesse volte è frutto di un insieme di disagi che messi insieme hanno portato alcune persone in condizioni di vita inaccettabili. E’ necessario conoscere le persone che abbiamo davanti, conoscere le loro storie, ascoltare le loro esperienze. L’evangelizzazione passa anche attraverso l’ascolto dei disagi di queste persone, evitando di catechizzarle ma aiutarle con gesti concreti, fare qualcosa affinché la loro dignità venga tutelata e non sottomessa.

“Che cosa dobbiamo cambiare per favorire l’incontro di Cristo con il mondo?”

Si propongono percorsi strutturati e comuni di formazione per i genitori che hanno il desiderio di battezzare i propri figli. Ascolto e meditazione della Parola attraverso specifici percorsi. Cercare di inserire e responsabilizzare sempre di più i giovani nelle nostre comunità. I giovani spesse volte si affacciano e crescono all’interno delle nostre comunità non perché richiamati dall’annuncio di Cristo, ma perché attirati da attività particolari o da gruppi di amici già inseriti nella comunità. Di conseguenza ascoltare le necessità e le esigenze dei ragazzi diventa necessaria e fondamentale per la crescita ed il futuro della nostra amata Chiesa.

Cantiere GIOVANI

IL MONDO DEI GIOVANI

“e camminava con loro”. La presenza di Cristo come si evidenzia nelle esperienze condivise  con i giovani (iniziative  di  pastorale  giovanile, esperienze nelle parrocchie o nei movimenti, attività di oratorio, ecc.)?

 

La presenza di Cristo viene evidenziata nella testimonianza di chi accompagna i giovani nel loro cammino. L’educatore è un testimone credibile se è capace di guardare verso Dio perché sia anch’egli presenza di Cristo capace di fare trapelare l’umanità stessa di Gesù, la cui immagine spesso appare appesantita e distante dal mondo reale. A volte però la sola testimonianza non basta più (vedere cristiani impegnati è importante, ma può non aver efficacia attrattiva): è opportuno favorire in tal senso una presa di coscienza delle esperienze vissute.

Cristo è presente laddove si fa un’esperienza di Lui, quando c’è un incontro: è importante che le nuove generazioni si incontrino con la comunità che è segno visibile della presenza di Gesù, ma anche l’incontro con testimoni di fede, per esempio persone che nella sofferenza hanno reso visibile l’amore del Signore.

Accoglienza (metterli a proprio agio evitando ogni forma di pregiudizio, cura degli ambienti destinati ai giovani), accompagnamento (camminare di fianco a loro) e ascolto (per questo è necessario starci in particolare nei loro ambienti di vita) sono servizi che già rendono presente Gesù proprio come ha fatto Lui sulla strada di Emmaus. Serve uno stile ecclesiale e non autoreferenziale, perché è una comunità viva che genera alla fede.

C’è una ricerca di senso della vita, una voglia di porre domande importanti sull’esistenza nei giovani che evidenzia la presenza di Cristo e che, se provocati, determina un’assunzione di responsabilità che nutre e vivifica la loro fede. Per favorire tutto ciò è necessario fare esperienze di “deserto”, dove la voce di Dio può risuonare nell’intimità: questo genere di incontro è capace di farli aprire partendo dalla loro quotidianità e capire meglio i loro bisogni.

 

“e  partirono  senza  indugio”.  Come  possiamo  aiutare  i  giovani  a  portare  il  vissuto di queste esperienze nella realtà di tutti i giorni (famiglia, compagnie, affetti, scuola, tempo libero, ecc.)?

Nella via di ritorno a Gerusalemme, cioè nei luoghi della vita, i giovani vanno accompagnati stando loro accanto facendo attenzione a garantire la loro libertà (a volte gli adulti hanno paura di “lasciarli fare”, compresi alcuni parroci). Non dobbiamo sostituirci, ma fare i passi secondo i loro tempi. È un lavoro indiretto perché nessuno può entrare dentro il loro quotidiano, ma vanno stimolati nella verità e nella libertà aiutandoli a fare il bene che fa loro bene. Essere gruppo, fare esperienze coinvolgenti, portare lo straordinario delle esperienze vissute nell’ordinario della vita. Non avere fretta di imporre loro un “credo”, ma partire dai valori universalmente riconosciuti per riconoscere quei valori che sono un dono di Dio.

Non dobbiamo avere paura di tenere alta la proposta di fede, uscire dalla logica dei numeri e far sì che anche dopo i venti anni (fascia di età più difficile da intercettare) i giovani non si perdano: se fanno l’incontro con Cristo il loro cuore sarà toccato e nessuno li potrà più “separare dall’amore di Cristo”, per questo è necessaria una proposta di ri-evangelizzazione che non si fermi solo alle emozioni che sono per lo più passeggere. Siamo tentati di metterci in concorrenza con il mondo che spesso offre un “prodotto” migliore del nostro per cui se non ci mettiamo lo specifico del cristianesimo (amore a Dio e al prossimo) siamo perdenti in partenza. Prendersi del tempo per lasciare sedimentare la Parola, spesso le iniziative si rincorrono troppo frettolosamente e non c’è tempo di gustare il vissuto della fede: il grande evento va bene, ma deve continuare in un percorso che aiuti a verificare e discernere le proprie scelte.

Se i giovani vivono qualcosa di bello lo condividono spontaneamente senza il bisogno di chissà quale aiuto, la domanda posta potrebbe essere sbagliata, per questo se non sentono il desiderio di condividere il loro vissuto di fede nella vita di tutti i giorni dobbiamo chiederci perché.

 

Che cosa dobbiamo cambiare per favorire l’incontro di Cristo con il mondo dei giovani?

Cambiare il modo di fare catechismo e in generale rivedere i percorsi dell’iniziazione cristiana.

Permettere agli adulti di capire il mondo dei giovani (fare delle “catechesi” sul mondo dei giovani, magari proposte dagli stessi giovani agli adulti?). Si potrebbe iniziare dalle famiglie stesse.

Favorire la libertà e la presa di responsabilità da parte dei giovani delegando a loro la pianificazione di alcune attività (incontri, campi estivi, oratorio, ecc.) evitando carichi eccessivi di lavoro incompatibili con gli impegni della loro quotidianità ed evitando pregiudizi spesso imperniati solo sulla dimensione morale. I ragazzi desiderano essere valorizzati, molti trovano nel mondo del lavoro un’occasione per dimostrare che “sono capaci”. Realtà lavorativa di cui dobbiamo tenere conto.

Favorire una pastorale che tenga conto delle disabilità (anche tra gli educatori) perché le comunità, in particolare le parrocchie, siano davvero inclusive.

Ripensare percorsi liturgici (con la collaborazione della pastorale giovanile) con un linguaggio e uno stile fruibili dalle nuove generazioni.

Non avere la pretesa di portarli in chiesa, ma sentire il bisogno di portarli a Cristo andando da loro per mostrare la gioia del Vangelo e dell’essere cristiani.

Cantiere INIZIAZIONE CRISTIANA

PER CONTINUARE LA RIFLESSIONE NELLA FASE SAPIENZIALE…

CANTIERE DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA

L’incontro con circa una sessantina di persone è iniziato nella Chies di San Francesco accolti dal parroco Padre Marzio.

Una preghiera allo spirito, la lettura del brano evangelico (Mt 13, 1-9,18-23) e il canto hanno dato avvio ai lavori dei cinque gruppi.

  1. e camminava con loro ….

Nelle nostre comunità parrocchiali, chiamate a generare alla fede, come si rende presente Cristo nei percorsi di iniziazione cristiana e catechesi?

 

Fondamentale per ogni evangelizzatore è aver camminato e continuare a camminare con Gesù che si è già avvicinato al catechista e a ciascun cristiano della comunità e vive in essa  (“dove due o tre…” Mt 18,15-20)

Camminando con Gesù ci si forma e ci si conforma a Lui.

Forti di questa esperienza riuscire a farsi prossimo. Entrare nei pensieri… nella vita, nel desiderio di Dio… di ogni persona, abbracciare le fragilità…essere empatici anche nel linguaggio. Tessere quindi relazioni qualitativamente importanti. Ricordando sempre il ruolo di catechisti – educatori, che è un ruolo di guida pur nella comprensione di chi ci è vicino.

Non cessare di far risuonare in se stessi e negli “altri”: Gesù ti ama, ha dato la sua vita, e adesso è vivo al tuo fianco, ti illumina e ti accompagna.

Raccontare Gesù a parole e con esperienze di vita uscendo dagli stereotipi di un linguaggio che non è comprensibile ai nostri ragazzi e neppure agli adulti del nostro tempo.

Uscire dalla classica “lezione di catechismo” e progettare insieme, nella comunità parrocchiale, cammini comuni con metodi comuni. Mettere a servizio gli uni gli altri le varie competenze per essere sempre più incisivi nell’annuncio che è sempre PAROLA e VITA.

Le famiglie … una risorsa di cui non si può fare a meno, è come l’acqua per l’uomo. Ma difficoltà soprattutto nel coinvolgimento che necessita del dono dello spirito e di tanta fantasia.

Previlegiare una catechesi per genitori che chiedono il battesimo per il proprio figli e iniziare con loro a formare “gruppo” di vita di fede? Ipotizzare un cammino per loro che dura nel tempo? (interrogativo-proposta).

Tenendo presente le modifiche strutturali delle “nuove” famiglie (separati, accompagnati.. conviventi…) promuovere incontri anche conviviali…

 

  1. …e partirono senza indugio.

Come stiamo collaborando con i catechisti di altre comunità parrocchiali? Quali suggerimenti abbiamo da offrire per crescere e migliorare in questa direzione?

È la sfida dei nostri giorni… Non si cammina più come singoli…, come singole comunità parrocchiali. La storia ci impone una conversione. Una comunità parrocchiale non basta più a se stessa deve entrare in “rete” con le altre comunità e diveneri con queste un’unica comunità. Le unità pastorali che siamo chiamati a formare non possono più essere solo di nome…

Incontrarsi… aprire le porte non solo delle strutture ma del cuore.

Ci si apre al confronto, al mettere in comune…anche i parroci….per una collaborazione fattiva.

Per realizzare ciò è necessaria la formazione. Cammini formativi insieme nell’unica unità pastorale, ritiri, momenti di forte spiritualità. Qualcuno diceva … “pastorale dell’Amicizia” (A maiuscola).

 

  1. Che cosa dobbiamo cambiare per rendere possibile l’incontro di Gesù con il variegato mondo delle nostre comunità parrocchiali?

La parola che torna in continuazione è CORRESPONSABILITÀ. Tutti corresponsabili nella comunità, corresponsabili dell’annuncio.

Le Varie “agenzie” formative… (scusate il termine) movimenti, agesci, azione cattolica, gruppi parrocchiali, gruppo liturgico, gruppi di famiglie, caritas, tutti uniti per l’unico obiettivo: rendere fattibile l’incontro con Gesù in tutte le età. È la Comunità che può fare questo e la comunità è fatta di persone che sono felici (come gli operai della vigna) di rendersi disponibili perché sentono che è a beneficio proprio e di tutti.

È entusiasmante incontrarci tutti nella celebrazione eucaristica, …. Un’unica liturgia domenicale per tutti i gruppi in cui si viva in pienezza l’incontro? (domanda-proposta)

È urgente attuare una sorta di trasformazione soprattutto nell’ambito catechistico: da catechismo a vita di Comunità da bambino… a vecchio…

Attualizzare il funzionamento delle “strutture” di servizio quali consiglio pastorale, economico in cui tutte le realtà siano presenti compresi i rappresentanti delle feste.

E per ultimo chiedo scusa ai coordinatori dei gruppi perché il tempo breve non mi ha permesso una giusta riflessione e l’analisi attenta così da poter fare una sintesi corretta.

Cantiere STRUTTURE

SINTESI GRUPPO STRUTTURE MATERIALI, AMMINISTRATIVE E PASTORALI

Convegno diocesano, 21 settembre 2023

 

 

Dice Papa Francesco nella E.G.: “La riforma delle strutture si può intendere solo in un modo: che esse diventino sempre più missionarie, cioè siano un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale”.

Abbiamo tenuto presente questo criterio per rispondere alle tre domande proposte per la riflessione. Domande che sostanzialmente si possono sintetizzare in una: Come devono cambiare le nostre strutture per aiutare la comunità diocesana ad essere sempre più segno della presenza di Cristo?

 

  1. La prima indicazione emersa è quella di superare la separazione, finora avvertita, tra l’ambito economico della diocesi e l’ambito pastorale; tra la gestione del patrimonio e le necessità dell’attività pastorale.

Tale separazione va superata, perché in una diocesi il patrimonio è funzionale al raggiungimento degli obiettivi pastorali, e pertanto va investito, certamente con oculatezza, ma non per ottenere un profitto, bensì per aiutare le comunità nella evangelizzazione.

Questo ci sembra richieda:

  1. una maggiore collaborazione tra chi si occupa delle questioni economiche in diocesi e nelle parrocchie (Consiglio degli Affari Economici e Consiglio Amministrativo) e chi si occupa dell’attività pastorale (Consigli pastorali, Uffici Pastorali ecc.)
  2. una visione ampia di quali siano le necessità complessive pastorali, educative, caritative della nostra diocesi
  3. un discernimento da parte degli operatori economici su quali siano i beni che, essendo a rischio di deperimento, si potrebbero dismettere per andare incontro alle necessità pastorali.

Per tutto questo, però, occorrono competenze e professionalità, che non possono essere cercate solo tra volontari, ai quali comunque non possiamo che rivolgere una profonda gratitudine. E’ però necessaria un’organizzazione più strutturata e cristallina nella gestione del patrimonio. Come già avviene per gli operatori della Caritas, bisognerebbe accostare ai volontari, persone assunte con contratti regolari e trasparenti; giovani competenti e capaci, ad es. anche di elaborare progetti per avere accesso alle risorse messe a disposizione dai bandi regionali o dai finanziamenti statali.

In prospettiva potrebbe essere utile una Scuola diocesana, aperta a diplomati o laureati, per la formazione permanente nella gestione amministrativa e finanziaria dei beni.

 

  1. E’ stato poi affrontato un secondo tema riguardante gli Uffici Pastorali, non tanto quelli che si occupano di ambiti – diciamo così – “interni” alla Chiesa (Ufficio catechistico, liturgico, diaconato e ministeri) quanto quelli che si occupano di realtà “esterne” alla Chiesa (Ufficio Scuola, Giovani, Sanità, Lavoro, Carità, Comunicazioni ecc.).

Come era già stato sottolineato nella prima fase del Cammino Sinodale, si ritiene che questi Uffici (che poi non dobbiamo dimenticare sono persone) debbano essere, innanzitutto, più collaborativi e in comunione tra loro, perché, quando ciò accade, si possono raccogliere frutti imprevisti: l’abbiamo verificato anche lunedì sera, nell’esperienza del Caritas camp, nata dal rapporto tra gli Insegnanti di religione (e quindi l’Ufficio Scuola) e la Caritas.

Inoltre, si ritiene che questi stessi Uffici debbano essere più “in uscita”, aperti alla realtà. Ci chiediamo: come si rapportano gli Uffici Pastorali con le altre realtà associative (ecclesiali e non) che sono impegnate nei loro stessi ambiti? E quanto noi cattolici siamo presenti nelle realtà della scuola (dove maggiormente si incontrano i giovani), dell’ospedale, del lavoro, della comunicazione?

Quello che abbiamo ascoltato nel racconto dell’esperienza di evangelizzazione alla Torraccia, dovrebbe essere vissuto in tutti gli ambienti di lavoro: con lo stesso metodo dell’incontro con le persone, dell’ascolto, del dialogo e, nelle forme che il Signore e la realtà indicano, dell’annuncio.

Si tratta in sostanza di dare concretezza all’espressione “Chiesa in uscita”, che rischia di rimanere uno slogan troppo generico. La Chiesa siamo noi cattolici e a uscire devono essere soprattutto i laici, il cui compito specifico è proprio portare Cristo nella società in cui vivono.

 

  1. Ma c’è un problema legato a questo. Qualcuno ha detto: prima di uscire verso gli altri, bisognerebbe preoccuparsi che chi è dentro le nostre comunità non voglia andare via perché non vi trova più niente di interessante. In effetti, a volte, non è vero (come spesso si dice) che nella Chiesa non si voglia dare spazio ai laici; è vero piuttosto che le nostre comunità non sono così attrattive e quindi i laici motivati e disponibili a impegnarsi scarseggiano.

E’ emerso quindi quello che ci sembra il punto fondamentale, generativo di tutto questo percorso sinodale: la formazione. Occorre domandarsi in quali modi, con quali contenuti e metodi formiamo, nelle nostre comunità, coscienze cristiane adulte, senza le quali la Chiesa non può crescere né ad intra né ad extra. Questa presa di coscienza dell’importanza della formazione riteniamo sia il cambiamento più radicale che debba avvenire.

 

  1. Un’ultima considerazione. Parlando di strutture, si è evidenziata la mancanza nella nostra città, ormai da anni, di strutture di vita monastica e contemplativa, che certamente avrebbero sostenuto con la preghiera questo nostro lavoro. Non dobbiamo però dimenticare che nella nostra arcidiocesi è presente un importante centro e motore spirituale: la Chiesa dell’Adorazione di San Giacomo. Alla Comunità Bet’el, che la gestisce, chiediamo in particolare il sostegno della preghiera per il nostro Cammino Sinodale.