INCONTRO DELL’ARCIVESCOVO SANDRO CON LA COMUNITA’ “L’IMPREVISTO” e LA COMUNITA’ UCRAINA “EMMAUS” – Pesaro 26 giugno 2022

“GUERRA E PACE”: INCONTRO TRA I RAGAZZI DELL’”IMPREVISTO”

E I RAGAZZI DELLA COMUNITÀ DI “EMMAUS”

  C’è qualcosa che accomuna, pur nell’indubbia diversità delle forme, la guerra che l’Ucraina sta combattendo per difendere la propria indipendenza e la guerra, altrettanto dolorosa e drammatica, che molti giovani si trovano a sostenere per non perdersi nell’oscura voragine della droga.

Un’affinità sostanziale che domenica 26 giugno ha intrecciato le storie dei ragazzi dell’”Imprevisto” e degli ucraini della comunità di “Emmaus”, guidata da Elena Mazzola, che a Charkiv accompagna alla vita autonoma giovani con disabilità o in uscita dagli orfanatrofi.

Le loro testimonianze, alternatesi nell’incontro non a caso intitolato “Guerra e pace”, hanno coinvolto e commosso tutti, dalle autorità ai tanti amici presenti, fino all’ospite d’onore, l’arcivescovo Sandro, accolto per la prima volta dalla comunità terapeutica di Silvio Cattarina.

E’ stato il mistero del male, a volte feroce, a unire profondamente gli interventi e a suscitare negli ascoltatori un forte impatto non solo emotivo. Un male dai mille volti: quello sperimentato da Artur, che a 10 anni ha visto il padre uccidere la madre davanti agli occhi suoi e della sorellina di 8 anni; o da Marko, che a 9 anni ha dovuto separarsi dalla madre, privata dei diritti civili per una forte dipendenza dall’alcol; da Iryna, abbandonata alla nascita perché affetta da ritardo mentale. E ancora: la forzata separazione dalla propria terra, la distruzione del proprio luogo di lavoro, la sorte sconosciuta dei parenti rimasti in Ucraina.

Ma anche il male più “comune” e diffuso, vissuto dai ragazzi dell’Imprevisto: il disorientamento di Vittoria per la separazione dei genitori, il senso di impotenza di Joseph di fronte alle violenze domestiche del padre spesso ubriaco, la solitudine abissale scoperta da Stella, nel pieno di un rave, in mezzo alle allucinazioni che si era procurata con le sostanze pesanti.

Qual è l’origine di tanto male? Non bastano a spiegarla le più raffinate analisi sociologiche o psicologiche, apprezzabili ma riduttive: la radice del male, per quanto gli effetti risultino reali, evidenti, sperimentabili, rimane misteriosa, imperscrutabile.

Proprio per questa inafferrabilità – e quindi insanabilità – dell’origine, è forte la tentazione di cedere al ripiegamento sulla propria solitudine, alla rabbia, alla disperazione, al cinismo.

Ma più forte di questa tentazione è l’esigenza di bene che sostanzia il cuore di ogni persona e che non può, in alcun caso, essere soffocata completamente. Soprattutto l’esigenza, come ha detto Elena, che questo bene sia incontrabile, semplice, facilmente riconoscibile anche nelle piccole cose.

E questa è stata l’esperienza di chi ha partecipato all’incontro. Più grande dell’impatto del male è stato lo stupore di “vedere” e “udire” i germogli di bene che ne sono fioriti, grazie alle comunità di Emmaus e dell’Imprevisto. Un bene che è nato nel momento in cui per la prima volta i ragazzi si sono sentiti amati per quello che erano, valorizzati nonostante tutto il male compiuto e subito, guardati, secondo le parole di Manuel, “con lo sguardo benevolo di un padre che non vede solo nel figlio quello che ha fatto, ma qualcosa di più grande”. Questa amicizia con un grande orizzonte è l’origine della pace, ha detto Irka.

Tutti gli interventi – ha sottolineato l’arcivescovo – sono la verifica di quanto sia vero ciò che San Giovanni Paolo II scrive nella Redemptor hominis: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta, non lo fa proprio, non vi partecipa vivamente”.

Questa esperienza profondamente umana, ha aggiunto, trova in Cristo la sua spiegazione: Dio, infatti, non è uno spettatore esterno del male, ma in Cristo lo prende su di sé, vi entra dentro, lo trasforma in bene. Tutta la storia, dei singoli come dell’umanità intera, risulta allora una grande partoriente che soffre di un dolore indicibile, ma è certa del bene che ne deriverà. Ognuno di noi è chiamato ad esercitare l’arte dell’ostetrica, che aiuta a tirare fuori il bene da ogni male.

Come diceva Hannah Arendt – ha poi concluso don Sandro – non esiste il “male assoluto”. Esiste il “male estremo”.

Solo il bene è assoluto.

Paola Campanini