CONVEGNO DIOCESANO – PRIMA SERATA . Hotel Baia Flaminia – 18 settembre 2023

Dalla speranza delusa all’incontro con la persona di Gesù fino alla scoperta della Verità e all’urgenza della missionarietà: il percorso di consapevolezza vissuto dai discepoli di Emmaus, nel quale tutti possiamo ritrovarci, è l’icona scelta dalla Chiesa italiana per dare inizio alla seconda fase del cammino sinodale ed è anche l’icona con cui mons. Sandro Salvucci ha voluto dare inizio all’anno pastorale, all’interno del tradizionale Convegno diocesano apertosi il 18 settembre all’Hotel Baia Flaminia, gremito per l’occasione di fedeli.

La prima serata, ripresa da Rossini TV, si è articolata in tre momenti: una riflessione di don Marco Di Giorgio sul passo del Vangelo di Luca; il racconto di tre “esperienze sinodali” riguardanti la catechesi, la liturgia e la carità; la presentazione dei lavori delle due serate successive: divisione dei Convegnisti in cantieri (martedì 19) e restituzione dei lavori di gruppo con comunicazioni dell’Arcivescovo (giovedì 21).

 Don Marco: “Il brano di Luca lo abbiamo sentito commentare molte volte, ma se pensiamo di sapere già tutto, impediamo a noi stessi di comprenderlo meglio: occorre una “ruminatio”, come la chiamavano i monaci medievali, un ritornare sulle parole, tenerle in bocca, per giungere nel loro profondo.

Cominciamo dunque a camminare anche noi con i due discepoli. E’ il giorno dopo il sabato, un normale giorno feriale, e stanno fuggendo da Gerusalemme, dove è morto il loro maestro e, con Lui, tutte le loro speranze. Conosciamo solo il nome di uno dei due (Clèopa) e non sappiamo con certezza neppure dove si trovi Emmaus: ma è giusto che sia così, perché nel volto del discepolo si può riconoscere ciascuno di noi ed Emmaus può essere la nostra città, dove spesso sperimentiamo grandi delusioni.

Stanno parlando delle cose avvenute, del loro maestro morto, e cercano il senso di quella disfatta, senza trovarlo. Come capita anche a noi di fronte a un dolore o a un male.

Ma mentre parlano, Gesù si fa vicino e cammina con loro. Prende l’iniziativa e si mette al loro fianco. Gli occhi dei due, però, “sono trattenuti” dal riconoscerlo: essi, infatti, guardano con gli occhi del corpo, non con quelli del cuore e non riconoscono la presenza del Signore vicino a loro.

“Di cosa state parlando?” Gesù ascolta la loro storia, il loro cuore ferito, la tristezza che li blocca.  Ascolta la “lettura”, l’interpretazione che essi danno dei fatti: “Noi abbiamo creduto in quel profeta, ma i sacerdoti lo hanno consegnato ai nemici; speravamo che avrebbe liberato Israele dai Romani, ma questa speranza è stata delusa”.

Non credono alle donne, secondo cui degli angeli hanno detto che è vivo; credono a chi “non l’ha visto”.

Qui termina l’introduzione a quella che simbolicamente si può considerare una liturgia eucaristica itinerante.

Segue l’atto penitenziale. “Stolti!”: non è solo un rimprovero morale, ma un richiamo alla verità di sé e al senso delle cose. E’ la retta “interpretazione” data dalle Scritture, lette da Cristo.

Poi Gesù finge di dover andare più lontano: non si impone, rispetta la libertà. Ma i due discepoli lo invitano a restare e gli offrono la cena (offertorio). Gesù accetta, prende il pane, lo benedice, lo spezza, lo dona (quattro verbi della consacrazione).

Gli occhi dei discepoli, quelli del cuore, improvvisamente si aprono e riconoscono Gesù, che però diventa invisibile. Gesù si riconosce nel pane spezzato. I discepoli rileggono con criteri nuovi la loro esperienza. Si alzano, come risorti alla speranza, cambiano strada (si convertono, cambiano vita): non hanno paura della notte, tornano a Gerusalemme, trovano la comunità con Pietro e spiegano che Gesù è veramente risorto. Spiegano, con una nuova chiave di lettura, ciò che era accaduto lungo la strada.

Gesù è con noi sempre, ma non lo riconosciamo. Tuttavia, se noi lo invochiamo, se leggiamo le Scritture, se spezziamo il pane, allora ci si apriranno occhi e cuore, torneremo in comunità a raccontarci e a scambiarci la fede nel risorto. Mi sembra che questo sia il cammino sinodale”.

 RACCONTO DI TRE ESPERIENZE SINODALI, “germogli di novità – ha detto il Vescovo – semplici ma utili per capire verso dove lo Spirito sta soffiando”.

Teresa Toni, Paolo Mariotti, Chiara Forlani e Simone Pretelli hanno raccontato l’esperienza di “Chiesa in uscita”, coordinata da don Enrico Giorgini, svoltasi nel maggio scorso alla Torraccia, zona periferica della nostra città, trascurata da tempo sul piano pastorale. Quaranta laici di varie realtà, con tanta speranza e ben motivati, hanno portato l’annuncio, due a due, porta a porta, a circa 800 famiglie, alcune delle quali hanno aperto porta e cuore e hanno intessuto una relazione con i “missionari”, che ora continua con la celebrazione della messa mensile nel parco del quartiere.

Paolo Barbadoro e Valeria Versace hanno parlato del “Coro sinodale”, nato dalla collaborazione dei principali movimenti e associazioni ecclesiali della nostra diocesi, nell’ambito dell’annuale Veglia di preghiera per l’Unità dei Cristiani, promossa dall’Arcivescovo Coccia e guidata da anni dall’Ufficio ecumenico.

La fatica di questo “ecumenismo ad intra” e la difficoltà ad amalgamare stili musicali diversi si sono trasformate in un’esperienza di Chiesa visibile e unita e in una verifica delle parole di Sant’Agostino: “Chi canta, prega due volte”.

L’ultima testimonianza l’hanno portata Andrea Mancini, coordinatore della Caritas insieme a Beatrice, Vittoria, Lucrezia, Samuele, giovani che hanno raccontato l’esperienza estiva del Caritas camp, nata all’interno delle scuole superiori grazie agli Insegnanti di Religione.

Commosso e lucido è stato il loro giudizio sull’esperienza vissuta a contatto di vari ambiti (i rifugiati, il Ceis, l’Imprevisto, il CSER e il Centro di Ascolto): bisogna calarsi nelle povertà materiali e spirituali, per comprendere veramente il dolore e i drammi di certe persone; bisogna confrontarsi con queste realtà per educarsi alla gratitudine per ciò che abbiamo ricevuto e alla coscienza che non tutto gira intorno alla nostra “bolla”; bisogna incontrare la “normalità” di certe devianze, per rendersi conto che nessuno ne è immune e occorre essere vigili.

Pesaro 19 settembre 2023                                                                    a cura di Paola Campanini