«Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio» (Salmo 90,12)
L’Ufficio per la Pastorale Familiare propone un cammino spirituale per le famiglie sul tema “La famiglia e il tempo”, elaborate da Don Massimo Regini.
È uno strumento che può essere utilizzato sia all’interno delle famiglie, sia in piccoli gruppi di famiglie, sia intervallato da incontri comunitari parrocchiali.
Le case che proponiamo sono le seguenti:
- La coppia e il tempo;
- Il tempo e la parola: la casa sulla roccia;
- La famiglia nel tempo dell’aridità, alla ricerca di acqua viva;
- La famiglia e il tempo del lavoro;
- Comunicare in famiglia: il tempo del dialogo in famiglia;
- Un tempo per giocare in famiglia: grandi come bambini;
- L’amicizia coniugale e i suoi tempi.
Saranno scandite con una cadenza mensile.
La prima scheda, “La coppia e il tempo” è accompagnata da una spiegazione generale del progetto.
Le prossime schede verranno trasmesse mensilmente.
Siamo a disposizione per un confronto o collaborazione, o qualsiasi cosa che possa essere utile.
Ufficio Pastorale Familiare
IL PROGETTO (scarica il pdf)
“Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.
La promessa dell’amore è ciò che attraversa il tempo e in qualche modo già lo riempie. Accogliere l’altro, e anche ognuno della propria famiglia, nella gioia e nel dolore che accompagnano i nostri giorni, e anche nella salute e nella malattia come impegno di prendersi cura dell’altro, richiede non solo l’amore nel tempo, ma anche tempo per vivere l’amore, ogni giorno, come il pane quotidiano, il battito del cuore, il respiro della vita. Questa è la sfida del tempo e delle sue stagioni che l’amore degli sposi attraversa, perché l’amore cresca e maturi, diventando sempre più buono e prezioso, come l’amore fedele, come il buon vino di Cana.
Dal libro di Qoelet (3, 1-5.10-12)
Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato. Un tempo per uccidere e un tempo per curare, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare lutto e un tempo per danzare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Ho considerato l’occupazione che Dio ha dato agli uomini perché vi si affatichino. Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine. Ho capito che per essi non c’è nulla di meglio che godere e procurarsi felicità durante la loro vita.
Ci si sposa una volta per sempre ma mai una volta per tutte, una volta per sempre ma con il cuore ogni giorno. Col tempo è necessario rinnovare l’impegno di accoglienza reciproca, nelle differenze che emergono, nei difetti che passando il tempo più facilmente si notano, che possono urtare e scoraggiare la fedeltà reciproca. Il segreto per vivere insieme una vita piena e giungere a sperimentare tutta la ricchezza dell’amore è quello di abitare il tempo con un impegno sempre nuovo di fedeltà e pienezza, per una fedeltà è ben più del continuare a stare insieme.
Ricordiamo che il tempo è superiore allo spazio. “Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo”(Papa Francesco).
«Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio» (Salmo 90,12). Contare i giorni, cioè vivere il tempo, è scoprire che il tempo è la vita stessa nel suo svolgersi. Per noi essere senza tempo è inimmaginabile. Scoprire la vita che scorre e quindi la preziosità del tempo, e starci dentro con coraggio e fedeltà, permette di vivere una vera libertà che consiste nel capacità di costruire legami che durano nel tempo.
La vita familiare vive di tempi ben scanditi, di un ritmo condiviso dove occorre tenere presenti le esigenze di tutti. Solo col tempo si impara l’arte di amare. Il tempo, quando è un tempo pieno d’amore, permette di trovare il tempo per ogni cosa. Una coppia che affronta l’amore nel tempo che scorre e sa attraversare con fiducia i tempi del loro amore, riesce a trovare il tempo per stare sola e anche per gestire tutti i rapporti e i legami che la vita di famiglia esige, sa vivere il tempo del pianto e della gioia, quello del silenzio e quello del canto. Perché sia davvero un amore per tutti i giorni della vita.
LA COPPIA E IL TEMPO (scarica il pdf)
La promessa di un amore che sia per sempre deve saper accettare la sfida del tempo, perché è un cammino che sai di iniziare con la persona a cui vuoi bene, pur non sapendo dove ti porterà e le fatiche che incontrerai. L’amore chiede di essere per sempre, quando è vero e sincero e il tempo può arricchirlo di fedeltà, rendendolo sempre più prezioso e per questo necessario, perché la sua fedeltà nel tempo contiene una promessa di felicità. Ma il tempo che passa vivendo insieme incontra anche le stanchezze del viaggio, diventando un tempo di verità, ma anche una continua opportunità. Vediamo allora come vivere l’amore che incontra la sfida del tempo, per crescere e riscoprire la bellezza della fedeltà. Solo maturando nel tempo l’amore dona qualità e pienezza alla vita insieme.
Dal Vangelo di Matteo (24, 45-51)
“Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente
Dal Vangelo di Matteo (25, 5-10)
Poiché lo sposo tardava, le vergini si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
Per la riflessione
Vivere il tempo che passa senza il desiderio di crescere nell’esperienza dell’amore, può portare a non custodire e amare la propria famiglia, dimenticando le proprie responsabilità. Tutti crediamo che il vero problema sia avere o non avere il tempo. Siamo a chiamati a confrontarci con la cultura del provvisorio, che si manifesta nella rapidità con cui le persone passano da una relazione all’altra. C’è in molti il timore suscitato dalla prospettiva di un impegno permanente, l’ossessione per il tempo libero, cercando relazioni che calcolano costi e benefici e si mantengono unicamente se sono un mezzo per rimediare alla solitudine, per avere protezione o ricevere qualche servizio. L’amore ha bisogno di tempo disponibile e gratuito, che metta altre cose in secondo piano. Ci vuole tempo per dialogare, per abbracciarsi senza fretta, per condividere progetti, per ascoltarsi, per conoscersi e stimarsi. A volte il problema è il ritmo frenetico nel quale viviamo, o i tempi stretti imposti dagli impegni lavorativi. Altre volte il problema è che il tempo che si passa insieme non ha qualità. Se tuttavia riusciamo a leggere e a vivere gli avvenimenti come tempo di grazia donato da Dio, a cui rispondere col dono viverli con tutto noi stessi, allora non esisterà più un tempo perso. E’ solo vivendo in pienezza il tempo che possiamo sperimentare una vita piena.
Ci può essere un senso cristiano profondo nell’impegno di vivere il tempo presente, tenendo accesa, ognuno con i propri doni, la lampada della fede con l’olio della speranza e la fiamma dell’amore. “Godi la vita con la sposa che ami, per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole”(Qoélet 9, 9-10). Si comprende così l’importanza di dedicarci a vivere pienamente il presente. Dio ci chiede di vivere bene l’oggi attraverso un amore fedele e generoso.
Viviamo il presente: non importa che sia un’azione, un gesto piccolo o grande. Riscopriamo la gioia di stare insieme, non tanto per fare o produrre qualcosa, ma per creare il senso dello stare insieme, per prendersi cura del legame che unisce. L’importante è dedicarsi tempo; sono le emozioni che si
creano che sono importanti, non tanto quello che si fa. Ci sono anche le «attività speciali». Esse possono comprendere tutte le cose che uno della coppia considera belle e interessanti. L’accento deve essere posto non su ciò che si fa, ma sulla motivazione. Il fine è fare un’esperienza insieme, svolgendo la quale ognuno possa percepire come stia a cuore all’altra persona. Una conseguenza dei momenti speciali vissuti insieme è che costituiscono come un archivio della memoria, da cui poter attingere nel corso degli anni, una memoria che guarda al futuro. Insieme a questi momenti è importante custodire nel tempo e ogni giorno buone abitudini, piccoli riti quotidiani di affetto e di cura reciproca, che aiutano a scavare come un canale di fedeltà, che irriga di amore ogni aspetto del vivere insieme.
Vivere il presente non significa dimenticare di progettare insieme il futuro in tutte le stagioni della vita. Si tratta di non cadere nell’affanno, magari dicendo: “Passerà questo momento”. In effetti quel momento non tornerà più come tempo di grazia. Non cadiamo in quell’affanno che ci impedisce o ci fa dimenticare di vivere bene il presente, e ci porta ad evadere dagli impegni attuali, soprattutto quelli più faticosi. Viviamo ogni momento come tempo di grazia, con sentimenti di gratitudine, anche come un tempo sacro da offrire al Signore, da vivere per lui. Viviamo il tempo riempendolo di un amore generoso. Così il tempo è compiuto, perché è pieno della presenza di Gesù, che è venuto nella pienezza del tempo, perché il tempo vissuto con lui fosse per tutti un tempo di grazia, per riempirlo di eternità. “L’amore che ci promettiamo supera ogni emozione, sentimento o stato d’animo, sebbene possa includerli. È un voler bene più profondo, con una decisione del cuore che coinvolge tutta l’esistenza. Così, in mezzo ad un conflitto non risolto, e benché molti sentimenti confusi si aggirino nel cuore, si mantiene viva ogni giorno la decisione di amare, di appartenersi, di condividere la vita intera e di continuare ad amarsi e perdonarsi. Ciascuno dei due compie un cammino di crescita e di cambiamento personale. Nel corso di tale cammino, l’amore celebra ogni passo e ogni nuova tappa”(Papa Francesco). Il vincolo che unisce nell’amore esige che ognuno sappia ridire il proprio sì nei gesti quotidiani, perché cresca di giorno in giorno.
Il ritmo del tempo ci pone davanti l’importanza, e anche la necessità, di tempi speciali, non solo di qualità, ma anche di festa, che sostengano il ritmo quotidiano, dandogli nuovo impulso e significato. La festa non ci è necessaria soltanto per rigenerare le forze e così produrre di più il giorno dopo, e nemmeno soltanto per riposarsi e divertirsi. Il giorno di festa, e soprattutto la domenica, è un giorno per la propria vita spirituale e per custodire gli affetti attraverso le cose che uniscono,. E questo richiede tempo e qualità. La festa permette di comprendere il valore del tempo e anche il suo fine, per entrare nella libertà dello spirito, per alzare gli occhi al cielo e scoprire che siamo figli di Dio e non schiavi delle cose e tantomeno del tempo. Staccare l’attenzione dal lavoro quotidiano è dar tempo al nostro cuore di scoprire che c’è un Altro che veglia su di noi, senza il quale il nostro attivismo senza tempo non avrebbe un fondamento, rivelandosi instabile e precario. Per accettare la sfida del tempo che passa, dedichiamo un po’ del tempo festivo per l’unità della coppia, per dialogare, per stare più tempo insieme e per rafforzare i legami familiari. Così soprattutto la domenica, il giorno del Signore, diventa un tempo per la famiglia, per rigenerare i legami che il tempo potrebbe logorare, per ritrovare la gioia di stare insieme. Accettiamo così la sfida del tempo, perché nel tempo il nostro amore diventi fedele e profondo.
Domande per la riflessione personale e di coppia
1. Come affrontiamo insieme la quotidianità, la fretta di ogni giorno, la paura di non avere tempo e la sensazione di non vivere un tempo di qualità come coppia e come famiglia?
2. Quale valore diamo al tempo che abbiamo? Siamo ansiosi di non avere tempo, magari per noi? Possiamo dire di vivere bene il tempo, anche quello che viviamo insieme alla nostra famiglia?
3. Come viviamo il giorno di festa? E’ un giorno per la famiglia, una sosta che ricarica, un tempo per la nostra vita spirituale?
Un impegno …familiare. Vogliamo organizzare un tempo non lungo ma significativo per stare insieme, per fare qualcosa insieme senza fretta, gustando la ricchezza di un tempo passato insieme
IL TEMPO E LA PAROLA: LA CASA SULLA ROCCIA (scarica il pdf)
Ogni famiglia rimane sempre una casa in costruzione, perché sia abitata dalla verità dell’amore, un cantiere sempre aperto. Con questa parabola, che conclude il discorso della montagna, Gesù indica come costruire sulla roccia sicura la nostra vita e anche la nostra famiglia, per vivere un amore fedele che sa attraversare le fatiche e le prove della vita.
Questo essere saldi nella fede e nell’amore è il segno più sicuro della verità e profondità delle nostre scelte.
Dal Vangelo di Matteo (cap.7, 24-27)
“Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande”.
Preghiamo con i Salmi
«Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio» (18,1-2).
«Sii per me una roccia di rifugio, un luogo fortificato che mi salva. Perché mia rupe e mia fortezza tu sei, per il tuo nome guidami e
conducimi» (31,3-4).
«Dio è roccia del mio cuore» (73,26).
Per la meditazione
Concludendo il discorso della montagna (Mt 5-7), Gesù paragona l’adesione sincera alla sua parola oppure il suo rifiuto a due immagini antitetiche: quella della costruzione della propria casa da parte della persona saggia e di quella stolta. La breve parabola sottolinea come benedizione e
maledizione, salvezza e rovina, non intervengono dall’esterno, ma sono piuttosto il manifestarsi della diversa consistenza dell’ascolto e dell’impegno nel vivere la parola, con riferimento proprio al discorso della montagna. Certamente è più faticoso costruire sulla roccia, mentre è assai più rapido
e comodo edificare su distese pianeggianti di sabbia, ma le costruzioni erette su un territorio friabile e prive di fondazioni sono destinate ad essere spazzate via dagli acquazzoni e dal vento. Decisiva risulta dunque la qualità e la solidità del fondamento su cui i credenti in Cristo Gesù sono chiamati
ad appoggiare le loro scelte di vita. Costruire sulla roccia vuol dire prima di tutto costruire su Cristo e con Cristo, ascoltando e vivendo le sue parole. Costruire su Cristo significa costruire sulla certezza del suo amore, accolto nell’ascolto della sua parola. Qui la casa è certamente la propria
vita, ma secondo l’immagine propria della casa è anche la propria famiglia, chiamata ad essere edificata sulla parola del vangelo, sull’amore di Cristo, nella certezza che il suo amore è fedele anche nelle tempeste della vita, dove ancora di più si manifesta la verità e solidità della sua parola.
Quanto più decisiva è una scelta di vita, tanto più essa non può attuarsi confidando esclusivamente sulle proprie energie, ma su una roccia più sicura e stabile. La tentazione è quella di una religiosità superficiale, che si accontenta di vivere la fede in alcuni momenti speciali, aspettandosi da Dio solo
interventi miracolosi nei momenti difficili, dimenticando che solo la fedeltà quotidiana costruisce un amore stabile, appoggiando il vivere quotidiano sulla parola del vangelo. Il testo insiste sulle intemperie, che cadono sia sulla casa costruita sulla sabbia e sia su quella costruita sulla roccia. Ci
viene spontaneo, specie in certi momenti, credere di esserci preparati e assicurati contro ogni tempesta e danni collaterali, ma le difficoltà ci prendono a tradimento, ci spaventano e facciamo fatica ad ammetterlo. Cristo non promette che su una casa in costruzione non cadrà mai un
acquazzone o un’onda rovinosa che può travolgere tutto, oppure che non soffieranno venti impetuosi che possono spazzare via in un momento quanto costruito con tanti sacrifici. Un edificio costruito sulla roccia non equivale ad una costruzione sottratta al gioco delle forze naturali, iscritte
nel mistero dell’uomo. Aver costruito sulla roccia significa poter contare con certezza che nei momenti difficili c’è una forza sicura su cui fare affidamento. Gesù paragona coloro che ascoltano le sue parole e le mettono in pratica a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.
Essere saggio significa sapere che la solidità della casa dipende dalla scelta del fondamento. La vita si prende sul serio. Il nostro amarci si può caricare di tensioni, di malintesi, di attese tradite. Per non lasciarsi travolgere e abbattere dalle tempeste occorre costruire la nostra vita insieme sulla sua
Parola che è fedele e stabile. La parola di Gesù, la sua promessa di una vita piena e di un amore sempre possibile, sono la ragione ultima del nostro amarci. Siamo legati l’un l’altro, abbiamo deciso di continuare ad amarci, perché lui ci dona la forza e la sua fedeltà per farlo. Quando si abbattono le
tempeste della vita è quello il momento in cui vivere come sposi una più intensa comunione di vita, affidandoci alla forza che viene dal vivere insieme secondo il vangelo. Le prove tendono a dividere, a creare sfiducia, ad incolpare l’altro per ciò che è avvenuto, mentre la parola dell’amore crocifisso,
annunciato dal vangelo e sperimentato nel perdono, insieme ad una piena fiducia in Dio, permettono di non abbandonare la famiglia nel tempo della prova, facendo addirittura delle tempeste un luogo di crescita nella fiducia e nella speranza condivisa. Ecco la roccia sicura: vivere fedelmente il
vangelo per essere fedeli e stabili sulla roccia che è Cristo.
La stoltezza, invece, è costruire la casa su un terreno che non offre le garanzie di reggere nei momenti più difficili. Chissà, forse è anche più facile fondare la propria vita sulle sabbie mobili della propria visione del mondo, costruire il proprio futuro lontano dalla parola di Gesù, e a volte
perfino contro di essa. Rimane il fatto che chi costruisce in questo modo non è prudente, perché vuol persuadere se stesso e gli altri che nella sua vita non si scatenerà alcuna tempesta, che nessuna onda colpirà la sua casa. Fondare la casa sulla sabbia significa essere ipocriti, almeno in certi
momenti della vita insieme, quando magari chiediamo agli altri di mettere in pratica il vangelo, mentre dentro di noi c’è la sfiducia, la pigrizia, la mancanza di coraggio nel vivere la parola, col sospetto che sia tutto inutile, rendendo con ciò instabili le scelte che abbiamo fatto e l’amore che
abbiamo promesso.
La differenza fra le due case è data dalla saggezza non solo di ascoltare , ma di fare quanto ascoltato, La stoltezza e pensare che basti ascoltare, pensare, programmare, fare belle riflessioni, magari anche sul vangelo. La differenza per Gesù sta quindi nel mettere in pratica, ma sempre in
riferimento alle sue parole, con particolare riferimento al discorso della montagna che proclama la legge di un amore più grande, legato all’incontro con Gesù. Quando manca questa disponibilità alla pratica, anche in famiglia si può correre il rischio di dire agli altri cosa fare, ma noi con ci
impegniamo. Così la falsità, la mancanza di sincerità, l’incoerenza rendono fragili le relazioni,
specie davanti alle fatiche della vita. La parabola diventa così un forte richiamo alla solidità del fare il bene, di vivere il vangelo per non essere solo maestri della parola ma testimoni. E così le fondamenta della famiglia si riveleranno solide e sicure.
Per la riflessione e la condivisione
1. Come nelle fatiche, che abbiamo affrontato insieme, la parola di Gesù, la fede e l’impegno concreto di vivere il vangelo ci hanno aiutati a rimanere saldi e uniti fra noi?
2. Come cerchiamo in famiglia di vivere un ascolto attento del vangelo per viverlo con sempre maggiore fedeltà?
3. Come ci sentiamo appoggiati come coppia sulla fedeltà di Gesù per noi? Come sperimentiamo col passare del tempo la sua fedeltà di Gesù come forza e sostegno per vivere la fedeltà fra noi? Il nostro appoggio sicuro su Gesù riesce a coinvolgere tutta la nostra famiglia?
Un impegno …familiare. Indicare e scrivere, anche con una piccola bacheca messa in casa vicino alla
porta, una frase del vangelo che possa aiutare durante la giornata.
LA FAMIGLIA NEL TEMPO DELL’ARIDITA’, ALLA RICERCA DI ACQUA VIVA (scarica il pdf)
Viviamo tutti la fatica di accettare quei giorni in cui sperimentiamo stanchezza e aridità, quando sembra difficile trovare un po’ di gioia e soddisfazione in quello che si fa. Si cercano allora oasi in cui dissetarsi, momenti in cui ricaricarsi, cercando però di riconoscere una sorgente di acqua
buona dalle pericolose illusioni di ciò che non disseta il cuore. Diamoci allora alcune istruzioni per affrontare i momenti di aridità che ogni famiglia attraversa, e scoprite come dissetarsi alle sorgenti di quell’acqua via che è capace di far rifiorire anche il deserto più arido.
Dal Libro dell’Esodo (cap. 15, 22-27)
Mosè fece partire Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto senza trovare
acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo furono chiamate Mara. Allora il
popolo mormorò contro Mosè: “Che cosa berremo?”. Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua
divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: “Se tu darai ascolto alla voce del Signore, tuo Dio, e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non
t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!”. Poi arrivarono a Elìm, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l’acqua.
Dal vangelo di Giovanni (cap. 4)
“Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua.
Le dice Gesù: “Dammi da bere”. I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: “Come mai
tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Gli dice la donna: “Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più
grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?”. Gesù le risponde: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò
diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”.
Per la meditazione
I tempi di aridità sono come un camminare nel deserto. Il cammino del popolo d’Israele nel deserto, fino ad avere in dono l’acqua per mezzo di Mosè, ci aiuta a dare un significato e ad accettare di attraversare come famiglia i nostri deserti, le aridità che si possono sperimentare nei
giorni tutti che appaiono tutti uguali e possiamo avvertire una certa aridità negli affetti e nelle attese, quando sembra che ci manchi l’essenziale, aspettando magari una novità, un incontro, che ci sembra come un’oasi per dissetarsi e riposare. A volte possiamo sentirci un po’ giù, non abbiamo
sentimenti, non troviamo consolazione e non ce la facciamo. Il vero pericolo è quando questo porta ad una insoddisfazione profonda che si allarga a tutto quello che facciamo e riguarda anche la nostra famiglia. Come nel deserto si può sperimentare la solitudine l’aridità del cuore. Ci sono molti che
vivono con questo cuore grigio, arido, insoddisfatto. Non si può andare avanti per troppo tempo nell’aridità spirituale, vivendo con un cuore arido in cui prevale il lamento e la nostalgia, perché il cuore ha bisogno di gioia, di consolazione. Il cammino di una famiglia è una promessa di libertà e
di amore, verso la terra promessa di una vita piena, ricca di gioia profonda, ma occorre mettere in conto di dover attraversare il deserto della prova, della mancanza di comodità, dell’esperienza dell’aridità, della mancanza di motivazioni anche per la mancanza di gratificazioni immediate.
Sentirsi in cammino verso una meta, una terra promessa, sostiene il quotidiano passare dei giorni, anche quando la fatica ne segna il passo e la monotonia rischia di spegnere attese e illusioni.
Accettarsi in cammino è accettare il proprio cammino. La forza e il desiderio di camminare insieme è una prima meta del cammino di una famiglia, dopo i primi anni di matrimonio e dell’arrivo dei figli. Riconoscere l’aridità, superando il pensiero di aver sbagliato tutto, permette la ricerca di
sorgenti più profonde del proprio amore e della propria capacità di amare Il bisogno di acqua. Se c’è una cosa indispensabile per vivere è proprio l’acqua. Si può attraversare anche il deserto, accettando di vivere di ciò che è essenziale, ma non può mancare l’acqua, simbolo stesso della vita. Tanti si presentano con la promessa di offrirci dell’acqua per la nostra sete e si considerano come sorgenti di vita e di speranza. Ma ci sono anche sorgenti amare, avvelenate dall’egoismo, dall’interesse del più forte. Anche quando ci dissetiamo di consolazioni gratificanti ed egoistiche, queste possono rivelarsi sorgenti amare, che non dissetano la nostra sete di verità e di amore. Come per Mosè il legno può purificare la sorgente di un’acqua che sia veramente buona, il legno di una croce accettata, amata offerta con generosità, il dono della rinuncia alla ricerca amara del proprio tornaconto. Così una famiglia può giungere, soprattutto nei giorni di aridità nelle relazioni, chiedendo a Gesù l’acqua viva del suo amore e della sua misericordia, all’oasi dell’acqua
buona dell’amore fedele, da attingere alla sorgente interiore dello Spirito, della preghiera comune, della tenerezza che ristora, attraverso l’impegno di una generosità nuova e dissetante.
Il mormorare nel deserto. Deserto significa anche rinuncia alle comodità di un tempo, dove tutto era a nostra disposizione e ben preparato. Deserto è accettare qualche sana privazione per cercare ciò che è essenziale, soprattutto per il bene degli altri che sono con noi, dove per loro si può
rinunciare a ciò che era solo gusto personale, senza responsabilità. E nel deserto della rinuncia, di una vita che punta sull’essenziale può nascere la tentazione della mormorazione verso Dio che ci ha messo in un posto difficile e dove tutto richiede fatica, e verso gli altri perché non ci danno tutte le
attenzioni di un tempo e non possono, e qualche volta forse non vogliono nemmeno, soddisfare tutte le nostre attese. La mormorazione che nasce dalla sfiducia, può diventare lamentazione sterile, che trova in altri le colpe e non permette di vedere il momento di grazia che c’è in ogni purificazione
come cammino verso un amore più maturo, libero, generoso.
Il pozzo di casa, come quello di Giacobbe per i suoi figli. Quante volte ci siamo abbeverati a pozzi che avevano acqua inquinata, che hanno avvelenato di invidia e sospetto, rivendicazione e giudizio la nostra vita in famiglia. Ogni famiglia ha infatti bisogno di un pozzo a cui attingere
l’acqua buona di sorgente, nei giorni aridi e nel mezzogiorno della stanchezza e dell’aridità. È Gesù il vero pozzo, Lui solo può darci l’acqua che riempie di vita i nostri giorni. Se da Lui riceviamo la vita, l’acqua viva del suo amore, diventiamo anche noi sorgenti di carità e di speranza. Per la
famiglia attingere al «pozzo» di casa significa attingere alla preghiera e all’ascolto di Gesù l’acqua che ristora, che disseta il nostro cuore, un pozzo da custodire insieme, attorno al quale ritrovarsi, specialmente nei giorni aridi. Così ognuno può diventare sorgente di bontà, acqua di benedizione
per tutta la famiglia.
Domande per la riflessione personale e di coppia
1. Quali sono le nostre esperienze personali e familiari di aridità? Con chi condividiamo e affrontiamo questi momenti?
2. Riusciamo a dare un significato ai momenti di aridità che viviamo? Cerchiamo di aiutarci a vivere anche l’aridità fra di noi come un tempo di fedeltà, con un impegno generoso anche quando non sentiamo nulla che ci attira?
3. Cosa consideriamo davvero essenziale per la nostra famiglia, per poter crescere nel tempo in cui ci è chiesto di camminare verso l’essenziale? Quale è l’acqua viva che disseta il nostro cuore quando desidera un amore sempre più grande?
Un impegno …familiare. Vogliamo impegnarci a dissetare l’aridità, che possiamo scoprire nelle persone che abbiamo accanto, con parola di consolazione, di speranza e di incoraggiamento
LA FAMIGLIA E IL TEMPO DEL LAVORO (scarica il pdf)
Lavoro e famiglia sono aspetti della vita così intrecciati fra loro che possono diventare difficili da mettere insieme e perciò viverli serenamente. Il lavoro ha fra le sue finalità certamente quella di mantenere la famiglia, ma proprio per la necessità che si ha di lavorare, la famiglia rischia di essere trascurata, soprattutto per il poco tempo che si riesce a dedicarle. Poi i problemi al lavoro si portano anche a casa e le preoccupazioni lavorative possono rendere più difficile le relazioni in famiglia, mentre un senso di gratificazione sul lavoro ci rende certamente più disponibili e sicuri con gli altri. Famiglia e lavoro sono tempi della vita e se c’è un tempo per ogni cosa ora può essere il momento di fermarsi per vedere come conciliare e vivere questi tempi della vita, dando valore al tempo del lavoro e al tempo necessario ma anche di qualità da vivere in famiglia.
Dal libro della Genesi (1,27-28; 2,2-3)
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.
Salmo 127
Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d’ogni bene.
La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa.
Così sarà benedetto l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion!
Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme per tutti i giorni della tua vita.
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli.
Dalla seconda lettera di San Paolo ai Tessalonicesi (3, 7-13)
Sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità. Ma voi, fratelli, non stancatevi di fare il bene.
Per la meditazione
Il lavoro è presentato prima del peccato originale, non come punizione, ma come vocazione; l’uomo infatti, col suo lavoro, partecipa all’opera di Dio stesso, suo Creatore, custodendo la creazione col suo lavoro. Gesù ha compiuto il «vangelo del lavoro», col suo stesso lavoro a Nazareth. Nelle sue parabole sul regno di Dio, Gesù si richiama costantemente al lavoro umano: al lavoro del pastore, dell’agricoltore, del pescatore, del mercante, dell’operaio. Nel Libro dei Proverbi si presenta anche il compito della madre di famiglia, il cui lavoro viene descritto in tutte le sue particolarità quotidiane, attirando la lode dello sposo e dei figli (cfr 31, 10-31). Lo stesso apostolo Paolo si mostrava orgoglioso di aver vissuto senza essere di peso per gli altri, perché lavorò con le sue mani assicurandosi così il sostentamento (cfr At 18,3; 1 Cor 4, 12; 9, 12). Era talmente convinto della necessità del lavoro, che stabilì una ferrea norma per le sue comunità: « Chi non vuole lavorare, neppure mangi » (2 Ts 3,10; cfr 1 Ts 4,ll)(Amoris laetitia, 24). Il lavoro è una necessità vitale per soddisfare i bisogni della propria famiglia, ma è anche affermazione di libertà e creatività. Col suo lavoro l’essere umano dimostra di essere un soggetto intelligente, capace di progettare e operare creativamente. Mentre produce cose utili, sviluppa anche, un insieme di importanti valori: iniziativa, coraggio, realismo, tenacia, solidarietà ed esprime e attua la sua dignità di persona. Per questo si può così parlare di un diritto dell’uomo al lavoro. Causare una perdita di posti di lavoro significa causare un grave danno sociale. Io mi rattristo quando vedo che c’è gente senza lavoro, che non trova lavoro e non ha la dignità di portare il pane a casa. E mi rallegro tanto quando vedo che i governanti fanno tanti sforzi per trovare posti di lavoro e per cercare che tutti abbiano un lavoro. Il lavoro è sacro, il lavoro dà dignità a una famiglia. Dobbiamo pregare perché non manchi il lavoro in una famiglia(Papa Francesco).
Al culmine del racconto della creazione non c’è però il lavoro, ma il sabato. L’uomo partecipa al lavoro e al riposo di Dio: ambedue sono per lui una benedizione e un dono. Perché il lavoro possa rivelare e mantenere il suo senso, non deve assorbire tutte le energie, ma deve lasciare spazio alla contemplazione, alla famiglia, all’amicizia. Ecco la necessità del riposo, finalizzato non solo a recuperare le forze fisiche, ma anche a consolidare le motivazioni fondamentali dell’esistenza. Ed è molto opportuno, anzi indispensabile, che questo riposo si concentri particolarmente in un giorno di festa, in modo che tutta la famiglia possa celebrare la bellezza della vita e il lavoro come benedizione, non come schiavitù. Sappiamo infatti che, come ogni realtà umana anche il lavoro, a motivo della ferita del peccato che portiamo in noi, diventa spesso faticoso, motivo di difficoltà e di dolore. Con il sudore della fronte mangerai il pane (Genesi 3,17-19).
Così le tensioni lavorative possono appesantire la vita, con gravi ripercussioni anche sulla comunione familiare. Ma questa fatica non annulla la benedizione originaria sul lavoro, come un bene per tutta la famiglia.
Una tentazione davanti al lavoro può essere data dal fatto che il lavoro tende ad assorbire tutto il tempo e le energie di chi lavora.
Così un problema dei nostri giorni sembra essere l’assenza in famiglia dei genitori per un tempo molto ampio, perché impegnati nel lavoro. I padri sono talora così concentrati su sé stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia e l’importanza di stare con i figli. Così anche nelle mamme si può vedere come non sempre sia facile conciliare professione e famiglia, lavoro e maternità. I meccanismi economici che oggi definiscono il lavoro tendono a ridurre l’uomo e la donna a puro strumento di produzione, una semplice forza lavoro, con l’allettante prospettiva di ricercare nel lavoro la propria realizzazione. E questo può avere come conseguenza un progressivo allontanamento dalla propria famiglia. Tuttavia, anche da un punto di vista economico, solo la gratuità e la reciprocità nella relazione possono favorire l’armonia tra lavoro e famiglia, base necessaria per la costruzione di una corretta vita sociale.
Diventa allora necessario il dialogo, la condivisione in famiglia delle difficolta che si incontrano nel lavoro, aiutandosi nel dare il giusto tempo al lavoro e alla famiglia. Per questo è importante ritagliarsi degli spazi di tempo da condividere in famiglia, anche tenendo a distanza durante la cena il telefono e altre navigazioni sui social, organizzandosi di trascorrere alcune serate insieme, per non «produrre» se non la gioia di stare insieme. Impariamo ad arginare lo straripamento del tempo dedicato al lavoro e sottratto alla famiglia, specialmente quando il desiderio di realizzazione e di successo sta scalando posizioni importanti nel nostro cuore. Anche la gestione economica della famiglia, che viene proprio dal lavoro, dovrebbe essere pienamente condivisa. Ciò che ognuno vive al lavoro è importante poi condividerlo e raccontarlo, per portare insieme la fatica e le preoccupazioni lavorative, soprattutto in quelle situazioni in cui occorre prendere delle decisioni importanti circa il lavoro, che hanno conseguenze significative per tutta la famiglia. Può sembrare anche questo un lavoro impegnativo, ma il suo guadagno vale più di ogni carriera o riconoscimento professionale.
Domande per la riflessione personale e di coppia
1. Cosa vuol dire vivere da cristiani sul posto di lavoro? Sappiamo sostenerci in famiglia nelle nostre rispettive fatiche professionali?
2. In quali aspetti della mia persona mi fa crescere il lavoro che faccio? Quali virtù e competenze sviluppano in me? Come stiamo organizzando il nostro lavoro domestico?
3. Come stiamo educando i nostri figli al lavoro e all’uso del tempo? Sappiamo condividere un po’ del frutto del nostro lavoro con i poveri?
Un impegno …familiare. Vogliamo organizzare un momenti di lavoro insieme o a casa o in qualche
luogo di lavoro, magari a contatto con la natura, per condividere anche la fatica di lavorare insieme.
Comunicare in famiglia: il tempo del dialogo in famiglia (scarica il pdf)
Ognuno di noi ha iniziato a comunicare con gli altri in famiglia, imparando ad ascoltare e a parlare. La famiglia non solo è il primo luogo di socializzazione, ma anche dove si impara a comunicare e a dialogare. Ma proprio là dove abbiamo imparato a comunicare a volte sembra che non si possa parlare o risulta difficile trovare qualcuno che sia disposto ad ascoltare. E quando cerchiamo il dialogo, questo rischia di trasformarsi in uno scontro aperto, il classico litigio in famiglia. Aiutiamoci allora a ritrovare il gusto e i modi per comunicare. Riscopriamo l’arte del dialogo, perché in un tempo in cui abbondano i mezzi per comunicare, possiamo riscoprire l’arte antica di un dialogo profondo e sincero, fonte di una vera comunione.
Dal vangelo di Matteo (5, 34-37)
Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno.
Dalla Lettera agli Efesini (4, 25-29)
“Bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri. Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date spazio al diavolo. Chi rubava non rubi più, anzi lavori operando il bene con le proprie mani, per poter condividere con chi si trova nel bisogno. Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che possano servire per un’opportuna edificazione, giovando a quelli che ascoltano.
Per la meditazione
Gesù chiede ai suoi discepoli di essere sinceri con Dio e il prossimo, invitandoli a togliere dal loro modo di parlare ogni falsità o tentativo di inganno. Così anche San Paolo invita coloro che fanno parte della comunità ad evitare nel parlare ogni inganno o doppi sensi. La Scrittura rivolge un continuo invito a non mentire al prossimo, quindi alla sincerità nel parlare, ricordando che fin dall’inizio il peccato è frutto della menzogna e dell’inganno. Tutto questo ci riporta alla qualità e verità del nostro comunicare, specialmente in famiglia. La comunicazione, attraverso tutti gli strumenti digitali che oggi la rendono possibile, rischia proprio per questo di svolgersi in un modo virtuale da parte di identità in divenire, dove tutto rischia di essere un gioco, dove ciò che conta è la continua novità dei messaggi che si ricevono o si mandano per vivere relazioni a distanza, meno impegnative ma emotivamente gratificanti. Custodire la qualità della comunicazione risulta possibile invece solo abitando lo spazio comune, nella verità e concretezza della realtà, nel condividere quello che ognuno è e vuol dire anche col linguaggio del corpo, che si esprime nella compassione e nella tenerezza. «Un complimento mi fa vivere due mesi» (Mark Twain). Un modo attraverso cui è possibile sentirsi amati è quello di ascoltare parole costruttive. Per farlo è importante sapere esprimere con sincerità il proprio apprezzamento verso l’altro. In famiglia c’è bisogno di una condivisione autentica. Parlare, anche del più e del meno, fortifica le relazioni.
E’ importante comunicare attraverso la presenza fisica, stando accanto all’altro, con il linguaggio dei gesti. I mezzi di comunicazione moderni sono delle grandi risorse per la famiglia, perché ci permettono di essere in contatto con gli altri con molta facilità. Stiamo attenti, però, che questi mezzi non sostituiscano la comunicazione a tu per tu, e a non perderci in chat che hanno il potere di creare le ansie e paure di un mondo virtuale. La presenza permette di riscoprire il linguaggio della tenerezza, che è possibile solo per mezzo della prossimità, dell’essere accanto. Ricordiamoci che i bambini hanno bisogno prima di tutto di un ambiente sereno, di genitori uniti capaci di dimostrarsi affetto, che si vogliano bene, che sanno parlare senza litigare, mantenendo sempre toni pacati, lontano da accuse e offese o meschine rivendicazioni.
Tutti i famiglia devono avere la possibilità di parlare. La comunicazione in famiglia è importante non solo per evitare problemi e incomprensioni, ma anche per sapere affrontare eventuali disaccordi che possono nascer. E’ importante rispettare sia le idee degli anziani che dei più piccoli. Questo non significa dismettere il ruolo educativo dei genitori, ma permette di evitare autoritarismi inutili, sempre poco
costruttivi.
E’ importante parlare in modo positivo. I genitori hanno certamente il compito di dare delle regole ai bambini, che permettano loro di integrarsi positivamente con agli altri. Ma esistono molti modi per trasmettere un insegnamento; fare in modo che la parola del genitore sia un aiuto per crescere nella fiducia e stima di se stessi, e non una sola fonte di rimprovero, è un aiuto e uno stimolo all’apprendimento dei figli. Quando invece i figli sono più grandi e più indipendenti, non solo le regole cambiano, me chiedono di essere interiorizzate, quindi motivate e percepite nel loro valore positivo. Tuttavia è importante dialogare e negoziare con i figli, trovare delle mediazioni che avvicinino e facciano comprendere ai figli i motivi delle decisioni prese. Impariamo anche a dire dei «no», sapendo distinguere ciò che è bene e ciò che non lo è per la nostra famiglia. Un «no» detto con amore è meglio di un «sì» detto per pigrizia.
Occorre educare al reale, perché il virtuale non prenda il sopravvento e non generi percorsi di fuga o atteggiamenti di chiusura, in un mondo che ruota soprattutto intorno alle proprie emozioni. E’ importante perciò verificare il tempo passato sui social, i momenti in cui ci si “distrae” o si gioca, sapendo riconoscere se quello sia non solo tempo perso ma addirittura dannoso per la vita familiare. Molte crisi familiari nascono dalla mancanza di attenzione alla vita reale, quando la navigazione sui social diventa una dipendenza e una fuga dalle relazioni, anche da quelle familiari, che sono sempre più faticose, ma per questo più autentiche e soprattutto più vere.
Se c’è qualcosa di irrisolto è importante affrontare il problema. Ma impariamo a comunicare con parole che non feriscono. Nella coppia si può giungere a superare ogni difficoltà se si ha il coraggio di affrontare ogni problema con serenità, di puntualizzare le situazioni all’origine dei conflitti e di farlo in modo serio, sereno, rispettandosi e ascoltandosi. Se c’è un problema non è possibile negarlo, come se non ci fosse. Questo è un rischio in cui possono incorrere più facilmente gli uomini, che preferiscono dire che il problema non ci sia. D’altra parte non si deve diventare troppo ossessivi, un atteggiamento che si può riscontrare di più nelle donne. La psicologia femminile è più analitica, quella dell’uomo è più sintetica, ma a forza di sintesi si rischia di diventare superficiali, mentre a forza di analisi si rischia di diventare assillanti. Il problema è trovare la giusta misura per considerare il problema nel modo più oggettivo possibile.
I problemi vanno affrontati, non si devono nascondere. Se ci sono delle difficoltà se ne parla, rispettandosi, cercando insieme di trovare ciò che unisce, condividendo ciò che ferisce, usando sempre parole buone che giovano a chi ascolta. Questi suggerimenti per una buona comunicazione possono essere un aiuto molto concreto per far crescere la comunione nella propria famiglia.
Domande per la riflessione personale e di coppia
1. Come valutiamo la capacità e la qualità della nostra comunicazione in famiglia? Riusciamo ad usare fra noi parole buone che servono a costruire, senza offese e rivendicazioni?
2. Quanto tempo dedichiamo a parlare con i figli, ad ascoltarli? Quale tipo di linguaggio usiamo più frequentemente con loro? Come potremmo migliorare in famiglia la nostra comunicazione con loro?
3. Quale è il nostro modo di utilizzare i social? Quale spazio e tempo occupano nelle nostre giornate? Come ci educhiamo ed educhiamo ad un loro corretto utilizzo?
Un impegno …familiare. Evitando che qualcuno si rifugi subito nella propria stanza, può essere utile fare l’esperienza di continuare a stare a tavola per dialogare su un tema di attualità o su qualcosa che riguarda tutta la famiglia, per condividere ognuno il proprio pensiero.
Un tempo per giocare in famiglia: grandi come bambini (scarica il pdf)
Guardare una famiglia quando giocano tutti insieme è già in sé un motivo di gioia e di serenità. E’ la leggerezza di vivere, la gioia di divertirsi insieme che rende bella una famiglia che gioca. Spesso sentiamo in casa la richiesta dei bambini di giocare con loro. Per farlo bisogna ritornare bambini; per loro non contano più ruoli sociali, titoli onorifici. Nella semplicità del gioco, e nella sua fantasia, ritroviamo i motivi di gioia di quando eravamo bambini. Se prendere tutto per gioco probabilmente non è da persone mature, lo è certamente prendere del tempo per giocare soprattutto con i bambini. Giocando con loro capiamo meglio perchè a chi è come loro appartiene il regno dei cieli.
Dal libro dei Proverbi (8, 30-31)
Dice la Sapienza: “Ero con lui come una giovane, ero la sua delizia ogni giorno, giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre…”.
Dal vangelo di Luca (7, 31-34)
“A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Dal vangelo di Matteo (18, 2-5)
Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Per la meditazione
La Sapienza di Dio giocava, ci dice il libro dei Proverbi. E’ bello pensare alla gioia di Dio che crea e che gioca con le sue creature. Richiama l’idea della libertà e della gioia; ci ricorda che la sapienza è saper vedere la bellezza in tutte le cose. «Quando viene una mamma o un papà giovane, domando sempre: “Dimmi: tu giochi con i tuoi bambini?”. La maggioranza risponde: “Come dice padre?”. “Sì, sì: tu giochi? Perdi tempo con i tuoi bambini?”. Stiamo perdendo questa capacità, questa saggezza di giocare con i nostri bambini»(Papa Francesco). Molte volte il Papa ricorda ai genitori l’importanza del gioco in famiglia. In questo modo egli vuole sottolineare il valore umano e cristiano di quella che è l’attività principale attraverso la quale il bambino cresce, e comprende se stesso e il mondo, ma – cosa a cui pensiamo raramente – è anche una strada privilegiata per fare esperienza di un Dio che «gioca» amorosamente con i suoi figli.
Il gioco nella vita del bambino
Un bambino che non ha tempo di giocare da piccolo sarà un adulto con un’eccessiva considerazione di sé e una scarsa capacità a vedere le cose dal punto di vista di un’altra persona per capire quello che prova. Nel gioco tutti sono pari, non c’è un giocatore più di un altro, tutti sono vincolati dalle stesse regole; si annullano i differenti status sociali ed emergono le capacità di ognuno. Si mette tutto in discussione anche le vie del potere. Il gioco è per il bambino lo strumento per creare nuovi mondi, ma anche un momento per l’incontro con se stesso e con gli altri, con la realtà esterna a lui e con quella interiore. Il gioco è l’essenza stessa dell’infanzia.
Sia quando gioca nei primi mesi di vita con il suo corpo, «ricreando» di fronte ai suoi occhi la mano, il piedino, sia quando riveste i ruoli delle figure per lui più importanti, giocando al papà, alla mamma, alla maestra, attraverso il gioco egli impara a definire la propria identità come «altra» dal mondo e, al tempo stesso, a trovare il suo posto e la sua funzione in mezzo agli altri.
Quando il bambino gioca è estremamente attento e concentrato, perché in quei momenti sta imparando il difficile mestiere di vivere. Agli occhi dell’adulto i suoi giochi possono apparire una perdita di tempo, mentre sono per il bambino il modo più naturale di apprendimento.
Il gioco è, dunque, un potente strumento di crescita umana. Per questo è importante lasciar giocare il bambino liberamente senza affollare la sua giornata d’impegni e di attività «utili», scegliendo per lui i giocattoli adatti, quelli che gli permettono di esercitare la fantasia e stimolano la sua creatività.
Il papà e la mamma, inoltre, possono fare al loro figlio un dono molto più grande di un qualsiasi giocattolo che è quello di giocare insieme a lui. Il gioco condiviso con i genitori è una delle esperienze più preziose dell’infanzia; avere tempo l’uno per l’altro, condividere un tempo di distensione e di inventiva gioiosa, scoprirsi «complici» in un’attività che piace a entrambi è il modo più immediato per avvertire il legame che unisce grandi e piccoli. Attraverso il gioco esprimiamo emozioni e sentimenti, e viene generata una piacevole comunicazione tra tutti i partecipanti che aiuta a conoscersi meglio. Se per il bambino il gioco è un diritto, oltre che un innegabile piacere, è importante creare in famiglia degli spazi fisici e dei tempi che permettano di sperimentare percorsi nuovi ed attraenti. Un bambino può dirsi fortunato e felice quando ha la possibilità di giocare e di divertirsi con poco anche in casa, da solo ma anche in compagnia di altri bambini o con il coinvolgimento di altri della famiglia. A sua volta, una famiglia può dirsi felice, quando, pur fra le tante incombenze quotidiane, riesce a creare anche con il gioco delle occasioni piacevoli di condivisione, che favoriscono la conoscenza reciproca e alimentano legami profondi.
Sulla strada del gioco incontrare Dio
Il gioco è anche un bel modo per conoscere Dio, per fare esperienza del mistero della vita e della gioia. «Dio mi guarda quando lavoro, ma sorride quando gioco», recita una preghiera indiana. Forse non c’è uno sguardo più contento di Dio su di noi del momento in cui ci vede giocare e giocare insieme grandi e piccoli. «In cielo si festeggiano i compleanni?» chiedeva una bambina di tre anni alla madre. E, alla sua risposta negativa, concludeva saggiamente: «Allora non voglio andarci!». Nella sua semplicità voleva far comprendere come sia spontaneo per il bambino ricercare in Dio una fonte di gioia e di festa.
Senza scopo, ma pieno di senso: la liturgia come gioco
Molti genitori fanno fatica a portare i bambini in chiesa, perché la liturgia si presenta a volte in modo poco comprensibile, così che il bambino si stanca e si annoia. Forse proprio il gioco può aiutarci a comprendere come rendere più attraenti e gioiose le nostre celebrazioni. Rispettare il carattere ludico della liturgia nelle nostre celebrazioni significa permettere ai bambini, a cui il gioco è connaturale, di sentirsi maggiormente ospitati e accolti, non costruendo per loro ambienti artificiali, dove giocare da soli, ma dove giocare «davanti a Dio», insieme con mamma e papà e con altre famiglie. La vita e la festa è stare insieme con tutti, anche attraverso celebrazioni gioiose, piene di gesti e di simboli, che aiutano a vivere il mistero della presenza di Gesù fra noi.
Il valore educativo del gioco
Il gioco per i bambini è serio al pari del lavoro per gli adulti. Tramite il gioco e il disegno i bambini possono rafforzare la fiducia in sé e nelle loro capacità, esprimendo in sicurezza le proprie emozioni. Un bambino che disegna e gioca è un bambino che comunica se stesso; sono modalità di rivelarsi, di acquisire nuove informazioni, di muoversi e di guardare imparando a stare insieme. Per questo motivo è importante poter ogni tanto genitori e figli disegnare e giocare insieme, educare i bambini anche alla laboriosità, iniziandoli alla creatività nel gioco, a saper giocare senza annoiarsi, come anche a rimettere a posto i loro giochi. Anche i piccoli servizi in casa possono diventare un grande gioco, che fa acquisire l’abitudine ad una creativa collaborazione in famiglia.
DOMANDE PER LA RIFLESSIONE PERSONALE E DI COPPIA
1. Quanto tempo dedichiamo a giocare con i bambini e anche insieme come famiglia? Giocare con i figli in che cosa ci fa bene?
2. Come educhiamo i nostri bambini alla fantasia e alla creatività del gioco? Lasciamo loro del tempo sufficiente perché possano giocare liberamente?
3. Quale spazio e significato ha nella nostra vita di adulti la libertà e la gioia di saper perdere tempo giocando con la famiglia? Possiamo immaginare il gioco come una esperienza spirituale per la nostra famiglia?
Un impegno …familiare. Dedicare una serata in famiglia a fare un gioco tutti insieme, un gioco creativo, capace di creare allegria e libertà di esprimersi.